N. 00693/2014REG.PROV.COLL.

N. 09181/2012 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9181 del 2012, proposto da:
Autorità garante della concorrenza e del mercato – Antitrust in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Pfizer Italia s.r.l., Pfizer Health Ab e Pfizer Inc in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Lorenzo Passeri, Cristoforo Osti, Massimo Luciani, Francesco Scanzano, Anna Maria Stein, con domicilio eletto presso l’avvocato Crisoforo Osti in Roma, via XXIV Maggio, 43;

nei confronti di


Assogenerici - Associazione nazionale industrie farmaci generici in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Gian Paolo Di Santo, Stefano Grassani, Nico Moravia, con domicilio eletto presso Nico Moravia in Roma, via Bocca di Leone, 78;
Sifi - Società Industria Farmaceutica Italiana Spa, Ratiopharm Italia Srl, Tubilux Pharma Spa;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 7467/2012, concernente diniego degli impegni presi al fine di chiudere il procedimento e accertamento di abuso di posizione dominante.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate, sopra indicate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2014 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino e gli avvocati Luciani, Osti, Stein, Di Santo e Moravia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora in avanti: Autorità) chiede la riforma delle sentenza, in epigrafe indicata, con la quale il Tribunale amministrativo del Lazio ha accolto il ricorso proposto da Pfizer Italia s.r.l., Pfizer Health A.B. e Pfizer Inc. (d’ora in avanti: Pfizer) avverso il provvedimento con il quale, in data 25 agosto 2011, l’Autorità ha respinto gli impegni proposti al fine di chiudere senza accertamento di infrazione il procedimento, iniziato il 13 ottobre 2010 sulla base di una segnalazione presentata da Rathiofarm, società produttrice di farmaci generici (c.d. “genericista”), e avverso il provvedimento dell’11 gennaio 2012, di chiusura del procedimento stesso con accertamento dell’abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 102 del TFUE.

I) La deliberazione dell’Autorità 11 gennaio 2012, n. 23194 richiama le seguenti risultanze istruttorie:

- il mercato rilevante è costituito dal settore della produzione e commercializzazione dei farmaci analoghi alle prostaglandine, al quale appartiene il latanoprost, principio attivo dello Xalatan, la cui indicazione terapeutica concerne la cura del glaucoma, e unico farmaco sul mercato a base di tale principio in forza della tutela brevettuale, prima dell’ingresso delle specialità generiche;

- la struttura dell’offerta vede lo Xalatan come primo analogo delle prostaglandine, introdotto sul mercato italiano fin dal 1997 dalla società Pharmacia, acquisita nel 2003 da Pfizer, e prima specialità alternativa ai betabloccanti per la cura del glaucoma, con caratteristiche di maggiore sicurezza e tollerabilità. All’inizio del 2002, momento in cui Pharmacia ha presentato istanza all’European Patent Office (EPO) per il conseguimento del brevetto divisionale, questa società deteneva in Italia una posizione di sostanziale monopolio, poi ereditata da Pfizer; nel 2009, a distanza di sette anni dall’inizio della commercializzazione degli altri due prodotti appartenenti alla medesima classe terapeutica di Xalatan con principio attivo diverso dal latanoprost, Pfizer deteneva ancora una quota pari al 60% del mercato degli analoghi delle prostaglandine;

- quanto ai comportamenti adottati da Pfizer al fine di impedire o ritardare l’accesso dei genericisti in Italia nel mercato della produzione e commercializzazione degli analoghi delle prostaglandine, farmaci di prima scelta nella cura del glaucoma, vengono in evidenza:

- la presentazione, da parte di Pharmacia, all’Ufficio europeo dei brevetti in data 6 settembre 1989 della domanda di protezione brevettuale e la concessione, in data 9 febbraio 1994, del brevetto europeo EP417 (di seguito, anche brevetto principale) avente ad oggetto diversi composti, tra cui il latanoprost; la protezione brevettuale concessa per la durata di venti anni a decorrere dalla domanda; la conseguente scadenza del brevetto EP417 per tutti i paesi designati nella domanda stessa al 6 settembre 2009;

- la validazione del titolo europeo in Italia in data 21 aprile 1994, con efficacia retroattiva al settembre 1989, e la commercializzazione dello Xalatan nel territorio nazionale con inizio nel luglio 1997;

- la richiesta di certificati di protezione complementare (CPC) volta ad estendere la protezione temporale del brevetto, per recuperare i tempi di rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio del prodotto, presentate da Pharmacia in tutti i Paesi europei e non in Italia nel corso del 1997 per usufruire dell’estensione temporale della protezione brevettuale volta a recuperare i tempi di rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio del prodotto farmaceutico, e la conseguente estensione alla data del 17 luglio 2011, con eccezione dell’Italia, nella quale la protezione rimaneva in vigore fino al 6 settembre 2009. A seguito della mancata richiesta di CPC in Italia (e in Spagna e Lussemburgo) sul brevetto principale, si era così venuta a creare una situazione di disallineamento della durata della copertura brevettuale su Xalatan nei paesi europei in cui tale prodotto era commercializzato, con possibilità di ingresso sul mercato italiano dei farmaci equivalenti anticipato rispetto al resto d’Europa; di tale circostanza Pfizer era pienamente consapevole;

- la presentazione all’EPO da parte di Pharmacia, nel giugno 2002, nel corso delle trattative per l’acquisto da parte di Pfizer, di una domanda di brevetto divisionale inerente al brevetto principale; tra le rivendicazioni contenute nella domanda di brevetto divisionale la numero 2 riguardava espressamente il latanoprost, poi ritirata da Pfizer a seguito dei rilievi dell’EPO, in quanto sospettata di non apportare alcuna innovazione rispetto a quanto già protetto dal brevetto principale;

– il rilascio, in data 14 gennaio 2009 del brevetto divisionale n. EP168, anch’esso con scadenza al 6 settembre 2009;

- il deposito, da parte di Pfizer, in data 23 gennaio 2009 -entro i tre mesi normativamente previsti- della traduzione del brevetto EP168 in Italia, al fine di ottenerne la validazione, prodromica alla richiesta di CPC su tale brevetto nel territorio italiano, richiesta avanzata nell’aprile dello stesso anno e soddisfatta l’8 giugno 2009. In tal modo la protezione brevettuale di Xalatan veniva ad essere prorogata anche in Italia al luglio 2011;

- le risultanze della documentazione acquisita in sede ispettiva, che dimostrano come questo fosse l’obiettivo ultimo della richiesta del brevetto divisionale e del relativo CPC in Italia . La validazione dell’EP168 è stata infatti effettuata solo in Italia, e non negli altri Stati europei, e ad essa non è seguita l’immissione di alcun nuovo farmaco protetto da tale brevetto divisionale;

- l’incertezza creata nei genericisti, che avevano fatto affidamento sulla scadenza in Italia della protezione fornita a Xalatan dal brevetto principale, prevista per il settembre 2009 (Ratiofarm aveva presentato il 19 novembre 2007, poi rinunciandovi nel marzo 2009, domanda di immissione in commercio del farmaco generico basato sul principio attivo latanoprost, per essere pronta all’ingresso sul mercato immediatamente dopo la scadenza brevettuale), dal rilascio del brevetto divisionale, accentuata dall’ottenimento del CPC nel giugno 2009;

- le diffide inoltrate da Pfizer ai genericisti produttori di specialità medicinali equivalenti allo Xalatan, volte ad impedirne la commercializzazione prima della scadenza brevettuale del luglio 2011;

- le azioni giudiziarie intentate dai genericisti a seguito della scoperta che la validazione del brevetto EP168 era stata ottenuta solo in Italia, volte alla dichiarazione della nullità sia di tale brevetto, sia della porzione italiana dello stesso, con il relativo certificato di protezione complementare; la revoca, da parte dell’ufficio brevettuale europeo, nell’ottobre 2010, del brevetto divisionale, con pronuncia sospesa per effetto del ricorso di Pfizer;

- il ritardato ingresso sul mercato dei farmaci generici, che ha potuto avere inizio solo otto mesi dopo la scadenza brevettuale del settembre 2009, con anomalia rispetto alla tempistica nella prassi di commercializzazione dei farmaci generici;

- le pressioni esercitate da Pfizer in vista dell’immissione in commercio dei farmaci equivalenti allo Xalatan, anche mediate azioni giudiziarie davanti al giudice ordinario e al giudice amministrativo, che, con decisione del Consiglio di Stato del 27 luglio 2010, ha confermato la legittimità della decisione di AIFA di consentirne la commercializzazione mediante l’inserimento in lista di trasparenza;

- l’effetto del ritardato ingresso, per circa sette mesi, dei genericisti sul mercato, che ha consentito a Pfizer di continuare a godere di un prolungamento della rendita monopolistica quantificabile fino a circa 17 milioni di euro;

- la richiesta, da parte di Pfizer, di un’ulteriore estensione della protezione brevettuale a seguito di sperimentazione pediatrica, con proroga del certificato complementare di protezione, per effetto della quale la scadenza della protezione stessa, non solo in Italia, è stata spostata al gennaio 2012: in tal modo Pfizer ha guadagnato complessivamente ventotto mesi di protezione brevettuale aggiuntiva, dal settembre 2009 al gennaio 2012.

Le argomentazioni delle parti, riportate nel provvedimento in esame, investono tutti punti evidenziati nell’istruttoria. Pfizer ha contestato, in particolare, la definizione del mercato rilevante, che dovrebbe comprendere almeno le specialità antiglaucoma a base di betabloccanti, con conseguente assenza di posizione dominante, la liceità delle richieste di brevetto divisionale e del relativo CPC, la cui durata è legata a quella del brevetto principale e la non imputabilità a sé, e quindi la strumentalità, del contenzioso pendente con i produttori di farmaci generici.

Le valutazioni finali dell’Autorità, che confermano la decisione assunta dall’Autorità in data 25 agosto 2011 di rigetto degli impegni presentati al fine di evitare la sanzione, ricalcano quelle già svolte nel corso dell’istruttoria emergenti dell’iter istruttorio, sia nella definizione del mercato rilevante definito nella sua dimensione nazionale e con riferimento alla classe terapeutica e alla insostituibilità delle prostaglandine in casi di patologia acuta e/o per soggetti affetti da patologie cardiache e respiratorie, con diverso grado di efficacia terapeutica rispetto ai betabloccanti, sia per quanto riguarda la posizione dominante di Pfizer in tale mercato. Questa posizione è attestata dall’elevata quota di mercato detenuta nel 2002 e mantenuta fino all’ingresso dei medicinali equivalenti nel 2010; dalla scarsa concorrenza effettiva nel mercato rilevante fino al maggio 2010; dalla impossibilità della concorrenza potenziale da parte dei generici fino alla scadenza brevettuale del settembre 2009; dalla presenza di barriere strategico- reputazionali ad un efficace ingresso sul mercato di altri prodotti anche dopo la scadenza della tutela brevettuale. Tali elementi sono idonei a conferire all’operatore la possibilità di agire indipendentemente dai suoi concorrenti attuali e potenziali e dai suoi clienti senza subirne pregiudizio, in modo tale da ostacolare lo svolgimento di una concorrenza effettiva nel mercato rilevante dei farmaci appartenenti alla classe degli analoghi delle prostaglandine.

Dalla posizione dominante così emergente Pfizer ha posto in essere una esplicita strategia volta a restringere la possibilità per i concorrenti di competere efficacemente sul mercato, consistita nell’aver prolungato artificiosamente la protezione brevettuale in Italia dal settembre 2009 al luglio 2011 e, quindi, al gennaio 2012. Il comportamento escludente rappresenta un’unica e complessa strategia costituita dai seguenti elementi: 1) la richiesta ad EPO del brevetto divisionale EP168 nel 2002; 2) la validazione dello stesso solo in Italia (e in Spagna e Portogallo) così da allineare la durata della tutela a quella in vigore nel resto d’Europa; 3) l’intervento presso AIFA per impedire l’inserimento dei genericisti in lista di trasparenza; 4) le diffide inoltrate alle società produttrici di farmaci generici; 5) la conseguente instaurazione dei contenziosi; 6) la richiesta della successiva estensione pediatrica.

Tale strategia, della cui strumentalità Pfizer era pienamente consapevole, ha creato uno stato di incertezza giuridica in merito alla possibilità di commercializzare le specialità equivalenti a base di latanoprost; in particolare, essa è risultata idonea a: 1) rendere più oneroso per i genericisti l’ effettivo ingresso sul mercato; 2) ritardare di almeno sette mesi l’ingresso sul mercato delle specialità equivalenti allo Xalatan; 3) mantenere di fatto l’esclusiva nella commercializzazione di farmaci a base di latanoprost, anche successivamente al venir meno delle privative; 4) provocare un mancato risparmio per il SSN, stimabile fino a circa 14 milioni di euro.

La natura escludente della richiesta di un brevetto divisionale rispetto all’obiettivo di prolungare la scadenza, in Italia, di un farmaco già in commercio e già coperto da protezione brevettuale, a prescindere dalla validità o meno del brevetto EP 168, risulta: dalla tempistica della richiesta del brevetto divisionale, avvenuta dopo tredici anni dal deposito della domanda del brevetto principale e in concomitanza con l’ingresso di due medicinali sul mercato degli analoghi delle prostaglandine; dalla identità dell’oggetto del brevetto divisionale rispetto a quello del brevetto principale, ambedue attinenti al principio attivo latanoprost; la validazione del brevetto divisionale esclusivamente in Italia, dove la privativa garantita dal brevetto principale scadeva nel settembre 2009; il prolungamento della protezione brevettuale in Italia, dove non era stato richiesto il CPC sul brevetto principale, fino al luglio 2011 a seguito delle azioni intraprese, e la conseguente vanificazione del legittimo affidamento dei genericisti; l’assenza dell’immissione in commercio di un nuovo farmaco a seguito del rilascio del brevetto divisionale; la richiesta di CPC sul brevetto divisionale solo in Italia; l’annullamento, da parte dell’EPO, del brevetto divisionale; la richiesta, avanzata nel 2011, di ottenere un’ulteriore estensione temporale basata sulla sperimentazione pediatrica di Xalatan.

La conclusione è nel senso che Pfizer ha posto in essere un abuso di posizione dominate contrario all’art. 102 del TFUE, “consistente nell’aver esteso artificiosamente la durata temporale della protezione brevettuale del farmaco Xalatan in Italia –mediante la richiesta di un brevetto divisionale e del relativo certificato di protezione complementare- e sfruttato lo stato di incertezza giuridica così determinatosi, al fine di ritardare l’ingresso delle specialità equivalenti a base di latanoprost sul mercato rilevante”, meritevole, in ragione della gravità e durata delle infrazioni, di una sanzione complessiva pari a 10.677.706 euro.

II) Avverso tale provvedimento e avverso gli atti presupposti, in particolare la mancata accettazione degli impegni proposti l’11 aprile e l’11 maggio 2011 ai sensi dell’art. 14 ter della legge 10 ottobre 1990, n. 287 per chiudere il procedimento senza l’accertamento di infrazione, Pfizer ha proposto ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio che, con la sentenza impugnata, dopo aver ricordato come l’efficacia della revoca del brevetto EP168 fosse sospesa per effetto del procedimento di opposizione davanti all’EPO, conclusosi con la decisione del Board of Appeal dell’11 maggio 2012, che ha definitivamente confermato la validità del brevetto sia pure in forma modificata, ha:

- ritenuto non giustificata la reiezione degli impegni, oggettivamente consistenti in quanto volti a consentire l’immediato ingresso dei genericisti sul mercato (in particolare, l’impegno n. 1, relativo all’offerta a qualsiasi società richiedente di una licenza gratuita d’uso in Italia dell’invenzione protetta dal brevetto EP168): secondo il Tar, la condizione limitativa imposta da Pfizer a corollario dell’impegno, relativa alla possibilità di revoca della concessione della licenza gratuita in caso di utilizzo dell’invenzione in maniera impropria o tale da arrecare danno a Pfizer rappresenta una “salvaguardia minimale”, tale da non intaccare l’obiettiva attitudine a superare i profili anticoncorrenziali;

- censurato le valutazioni conclusive contenute nel provvedimento di rigetto, in quanto viziate dalla mancata considerazione degli effetti sospensivi del procedimento di opposizione instaurato davanti all’EPO contro la revoca del brevetto divisionale;

- rilevato che l’Autorità non ha dimostrato l’esistenza di un quid pluris, idoneo da far emergere il comportamento sanzionato, rispetto all’insieme di comportamenti leciti tenuti da Pfizer, tendenti alla tutela dei propri diritti e interessi legittimi: l’aver chiesto il brevetto divisionale nel 2002, vale a dire sette anni prima del previsto ingresso sul mercato italiano dei genericisti, non appena era risultata evidente la più limitata protezione brevettuale di Xalatan in Italia, rappresenta l’esercizio di una facoltà d’impresa e non può essere ritenuto, per ciò solo, frutto di una strategia escludente;

- considerato la presumibile influenza, nella decisione dell’Autorità, dell’avvenuto annullamento in data 5 ottobre 2010, da parte dell’EPO, del brevetto divisionale, e pertanto la contraddittorietà relativa alla rilevanza di tale annullamento, la sottovalutazione dei principi emergenti dalla giurisprudenza comunitaria, basata (caso AstraZeneca) sulla elusività, nella fattispecie non sussistente, delle informazioni fornite all’EPO, e sulla mancata considerazione della non definitività ed efficacia di detto annullamento;

- censurato l’errata indicazione di Pfizer come parte attrice nei contenziosi instaurati, che l’hanno vista, invece, in gran parte come convenuta;

- ritenuto non decisive le considerazioni svolte dall’Autorità rispetto all’estensione brevettuale per la sperimentazione pediatrica, chiesta dopo che il brevetto divisionale era stato revocato, circostanza, questa, che avrebbe reso necessaria la sospensione del procedimento in attesa della decisione dell’appello proposto da Pfizer ed invece assunta acriticamente a presupposto delle valutazioni contestate;

-dichiarato assorbite le ulteriori censure proposte avverso il provvedimento sanzionatorio.

III) L’Autorità impugna tale sentenza, deducendo, quanto alla reiezione degli impegni:

- l’inammissibile valutazione del merito della decisione dell’Autorità, che travalica limiti del sindacati di legittimità spettante al giudice amministrativo;

- l’insussistenza del vizio di carenza di motivazione rilevato dal Tar nel provvedimento di reiezione, posto che un tale onere, alla luce della giurisprudenza nazionale e comunitaria, non attiene alla valutazione di inidoneità degli impegni e, in ogni caso, è stato ampiamente soddisfatto nel provvedimento impugnato, basato su articolate considerazioni circa la vaghezza, il ritardo e l’inefficacia degli impegni proposti;

- l’illogicità della argomentazione secondo cui l’Autorità non avrebbe tenuto conto della sospensione della revoca del brevetto divisionale, per effetto dell’opposizione davanti all’EPO, posto che alla data di adozione del provvedimento di rigetto (25 agosto 2011), non si era ancora tenuta l’audizione del 13 ottobre 2011; in ogni caso, l’Autorità ha rilevato che l’efficacia dell’impegno n. 1 era compromessa anche dall’avvenuta scadenza del brevetto divisionale al 17 luglio 2011, e dalla contraddittorietà rispetto all’impegno n. 3, relativo al riconoscimento delle pretese giudiziarie iniziate dai genericisti, riconoscimento che avrebbe coinvolto l’invalidità del brevetto;

- la considerazione che la libera commercializzazione di un proprio prodotto, alla quale tendono i genericisti, è situazione ben diversa dall’usufruire di una concessione di licenza d’uso di un prodotto altrui, offerta nell’impegno n. 1;

- l’ormai irreversibile alterazione della concorrenza per effetto delle condotte poste in essere da Pfizer;

- l’inidoneità del comunicato previsto nell’impegno n. 6 (volto a spiegare le modalità di accesso a tutte le medicine a base di latanoprost anche generiche e a un presso più basso a parità di efficacia terapeutica rispetto allo Xalatan) a indirizzare i pazienti verso i farmaci generici.

Avverso la parte della sentenza relativa al provvedimento conclusivo del procedimento, l’Autorità deduce la carenza di motivazione e l’erroneità delle considerazioni in merito, particolarmente quanto:

- alla contestata definizione del mercato rilevante e della relativa posizione dominante, oltre che sulla valenza probatoria della documentazione raccolta nel procedimento, che ha condotto alla dimostrazione di una complessa strategia escludente da parte di Pfizer;

- all’esame delle condotte di Pfizer alla luce delle norme in materia di brevetti e non, come sarebbe stato doveroso, dal punto di vista antitrust, poiché un comportamento lecito sotto il primo profilo può essere strumentalmente preordinato, come nella fattispecie è avvenuto, a porre in essere una strategia anticoncorrenziale;

- alla mancata utilizzazione pratica del brevetto divisionale, che non ha condotto alla commercializzazione di alcun nuovo prodotto, e alla dimostrazione documentale che l’estensione pediatrica era ritenuta da Pfizer uno strumento da usare per tutti i farmaci dei quali fosse prossima la scadenza brevettuale;

- alla piena consapevolezza di Pfizer della pretestuosità e della portata anticoncorrenziale della propria condotta, attuata anche mediante l’instaurazione di un clima di incertezza giuridica attraverso le diffide ai produttori di farmaci generici, la prima delle quali risulta inviata già nel luglio del 2009, e mediante la richiesta di cospicui risarcimenti;

- alla particolare sensibilità del settore farmaceutico alle tematiche anticoncorrenziali, testimoniata dall’Indagine sulla concorrenza nel settore farmaceutico condotta nel luglio 2009 dalla Commissione europea, che ha evidenziato strategie escludenti attraverso la presentazione di domande divisionali sullo stesso brevetto;

- alla circostanza che la sospensione del procedimento postulata dal Tar in attesa della decisione sull’appello proposto avverso la revoca del brevetto divisionale non trova fondamento in alcuna previsione normativa, e che la decisione sulla validità del brevetto non costituisce questione pregiudiziale ai fini delle valutazioni proprie dell’Autorità.

L’appellante ripropone infine i motivi già proposti in primo grado con ricorso incidentale condizionato relativamente al calcolo della sanzione, chiedendo, in caso di ritenuta erroneità delle modalità del calcolo stesso, l’elevazione dell’importo in misura non inferiore a 17.000.000 euro, e conclude per l’accoglimento dell’appello, contrastata da Pfizer Italia s.r.l., Pfizer Healt A.B. e Pfizer Inc, costituitesi in giudizio anche per riproporre le censure assorbite dal Tar, attinenti alla definizione del mercato rilevate, alla posizione dominante rivestita da Pfizer, all’individuazione dell’intento escludente, alla misura della sanzione, ai vizi motivazionali e procedimentali nel rigetto degli impegni, in relazione ai quali prospetta la necessità di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ex art. 267 TFUE.

Si è costituita in giudizio anche Assogenerici – Associazione nazionale industrie farmaci generici, a sostegno dell’appellante.

IV) L’appello oggi in esame, volto a contestare le determinazioni con le quali l’Autorità ha dapprima respinto gli impegni proposti da Pfizer ai sensi dell’art. 14 ter della legge 10 ottobre 1990, n. 287, attiene, in buona sostanza, ai limiti dello sfruttamento, da parte di un soggetto dominante sul mercato, delle facoltà connesse alla tutela brevettuale delle specialità farmaceutiche.

Che la posizione di Pfizer sul mercato farmaceutico sia di dominanza ( con conseguente infondatezza del corrispondente motivo assorbito in primo grado e riproposto in appello) è reso evidente dalle argomentazioni svolte dall’Autorità nei provvedimenti oggetto del giudizio che, tenendo conto del criterio adottati dalla Commissione europea per tale settore, ha fatto riferimento alle classi terapeutiche, ovvero all’azione chimica e allo scopo terapeutico del medicinale prodotto.

In base a tale criterio, la determinazione di circoscrivere il mercato rilevante a quello italiano relativo agli analoghi delle prostaglandine (tra i quali il latanoprost, principio attivo dello Xalatan prodotto da Pfizer), con esclusione dei principi attivi appartenenti alle altre classi di farmaci antiglaucomatosi, aventi diverse peculiarità terapeutiche, si appalesa congruamente motivata e legittima sotto i profili sindacabili in giudizio, ristretti, secondo un consolidato principio che il Collegio condivide (per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 21 maggio 2013, n.2722), ai soli vizi logici, di difetto di istruttoria e di motivazione, ovvero attinenti ad un errore manifesto di valutazione, che nella specie non è dato riscontrare.

Anche infondati, alla luce delle considerazioni che seguiranno, sono le ulteriori censure assorbite dal primo giudice, e ora riproposte, attinenti alla posizione rivestita da Pfizer nel mercato rilevante e al relativo abuso, nonché all’intento escludente e agli effetti della condotta sanzionata.

Quanto alla censura (riproposta) attinente alla misura della sanzione, essa è infondata, poiché tale sanzione è stata commisurata dall’Autorità alla rilevata gravità e durata delle infrazioni riscontrate, e non appare sproporzionata alla luce dell’effetto distorsivo del mercato provocato dalla complessiva condotta di Pfizer.

La domanda avanzata dall’Autorità appellante (che richiama, a tale proposito, i motivi del ricorso incidentale condizionato avanzato in primo grado) di determinare in aumento la quantificazione della sanzione, coinvolgendo la spedita di un potere amministrativo appartenente alla medesima Autorità, è invece inammissibile pur nell’ambito della giurisdizione estesa al merito attribuita al giudice amministrativo dall'art. 134 comma 1, lett. c), c.p.a., dato che, secondo la tradizione giurisprudenziale, l’amministrazione, in quanto titolare del potere di autotutela, non è legittimata a proporre ricorso incidentale.

Infine, non sussistono i vizi procedimentali dedotti avverso i provvedimenti impugnati in primo grado: al contrario, l’iter sfociato nella reiezione degli impegni si è svolto con la partecipazione di Pfizer, della quale è dato conto nel provvedimento del 25 agosto 2011 (audizione delle società del gruppo in data 10 dicembre 2010, accesso agli atti in data 19 novembre 2010 e 15 e 22 giugno 2011, considerazioni inviate il 7 luglio 2011 circa le osservazioni presentate dai genericisti sugli impegni pubblicati sul sito dell’Autorità); tale partecipazione è continuata anche nell’ulteriore attività procedimentale, conclusosi con la deliberazione dell’11 gennaio 2012 (memoria difensiva del 15 dicembre 2011, audizione finale del 20 dicembre 2011).

Emerge così chiaramente come la partecipazione di Pfizer sia stata effettiva durante tutto l’arco del procedimento: di conseguenza, le censure in esame sono palesemente infondate, e non si configura l’obbligo del rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte UE, sancito dall'art. 267 comma 3, Trattato UE, come postula la resistente. L’obbligo in questione non sussiste, infatti, (tra l’altro) allorquando la questione sia ininfluente sull'esito della causa (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2012, n. 5649 e 13 giugno 2012, n. 3474; Cons. Stato, sez. III, 4 settembre 2013, n. 4428), come avviene nella fattispecie in esame, nella quale il ricorso avverso il provvedimento reiettivo degli impegni è stato puntualmente esaminato in giudizio, sia in primo che in secondo grado, ed è evidente che nessuna compromissione del diritto di difesa si è verificata, né in sede procedimentale, né in sede giurisdizionale.

V) L’ambito del decidere si concentra, quindi, nell’esame dei comportamenti considerati dall’Autorità anticoncorrenziali, in quanto frutto di una strategia escludente volta a ritardare l’ingresso sul mercato delle specialità medicinali equivalenti allo Xalatan, strategia che il Tribunale amministrativo ha ritenuto insussistente.

A) Tali comportamenti, ampiamente ricordati nella parte che precede, sono riassumibili, innanzitutto, nella richiesta di brevetto divisionale e del relativo certificato di protezione complementare a tutela di una classe di molecole che comprendeva il latanoprost, oggetto del brevetto principale, brevetto divisionale al cui rilascio non è seguita la commercializzazione di alcuna specialità farmaceutica diversa da quella già sul mercato. Oggetto del contendere è, inoltre, la qualificabilità di tali comportamenti nei termini ritenuti dall’Autorità.

B) Giova puntualizzare che la richiesta di un brevetto divisionale a specificazione di un prodotto già protetto è facoltà riconosciuta dall’ordinamento di settore: non è qui in contestazione, perciò, l’astratta legittimità della richiesta, ma l’uso che di tale facoltà ha, nel caso, concreto, fatto Pfizer.

A tale proposito vale affrontare subito la contestazione opposta da questa società alla riconduzione (operata dall’Autorità) della richiesta del brevetto divisionale all’intento di prolungare la tutela in Italia fino al 2011, dove per il brevetto principale non era stato chiesto, a suo tempo, il certificato di protezione complementare: sostiene Pfizer che questa interpretazione sarebbe smentita dalla circostanza che il brevetto divisionale ha, per legge, la medesima durata di quello principale (settembre 2009).

La tesi, dedotta in termini del tutto generici, non ha pregio: se è vero che il brevetto principale ha effetto fino al 2009, il CPC ne ha però esteso la durata fino al 2011, ed è proprio questa estensione, non chiesta a suo tempo per l’Italia, che è stata ottenuta mediante il CPC sul brevetto divisionale.

Inoltre, la tesi della comune scadenza al 2009 è smentita innanzitutto della stessa Pfizer che, nelle difese procedimentali spiegate avverso le osservazioni agli impegni, ha sostenuto che il brevetto divisionale, comprensivo di CPC, avesse validità non solo fino al 2001, ma addirittura fino al 2012, per effetto della richiesta dell’estensione pediatrica inoltrata nel 2011.

Essa, che dimostra la consapevolezza dell’effettivo intento della richiesta del brevetto divisionale da parte di Pfizer, si pone inoltre (ed è considerazione conclusiva) in contrasto non solo con le diffide inoltrate nel luglio 2009 ai produttori di farmaci generici per evitarne l’ingresso sul mercato prima della nuova scadenza brevettuale del 2011 (così espressamente indicata, ad esempio, nella raccomandata a Ratiofarm del 14 luglio 2009), ma con le stesse deduzioni svolte dalla ricorrente in primo grado e con l’impianto di fondo delle sue difese, volto a dimostrare di aver “chiesto e ottenuto solo quanto la legge le consentiva di ottenere, ossia una valida protezione del brevetto sino al luglio 2011”, come ricorda la stessa sentenza in esame.

C) Che il brevetto divisionale e il relativo certificato di protezione siano stati o meno legittimamente chiesti e ottenuti è questione che qui non rileva (ed è perciò irrilevante la documentazione versata in atti all’odierna udienza), in quanto sono ininfluenti le vicende attinenti alle sorti dei vari brevetti accessori chiesti da Pfizer, nonché la tempistica delle relative richieste all’EPO e l’effettivo contenuto della rivendicazione accolta con il divisionale, poiché l’ambito normativo della tutela dell’invenzione, attraverso il rilascio dei brevetti, è diverso da quello della tutela della concorrenza.

Già sotto questo aspetto la sentenza impugnata non è condivisibile, poiché riconduce sotto profili relativi alle vicende del brevetto divisionale l’illegittimità dei provvedimenti oggetto del ricorso, ravvisandone l’effettiva motivazione nell’annullamento del brevetto divisionale ad opera dell’EPO nell’ottobre 2010, e nella mancata valorizzazione, da parte dell’Autorità, dell’effetto sospensivo dell’opposizione presentata da Pfizer (poi accolta l’11 maggio 2012, in data successiva a quella del provvedimento conclusivo del procedimento sanzionatorio oggetto del giudizio).

Tale circostanza, che l’Autorità ricorda nell’ambito di un ben più articolato ragionamento, non può condurre alle conclusioni ritenute dal Tar: infatti, si discute qui non di una condotta vietata alla luce della tutela brevettuale, ma della portata anticoncorrenziale di una serie di atti, anche, in tesi, in sé legittimi. Del resto, l’abuso di posizione dominante, imputato a Pfizer, non è che specificazione della più ampia categoria dell’abuso del diritto, della quale presupposto è, appunto, l’esistenza di un diritto, del quale si faccia un uso strumentale, non coerente con il fine per il quale l’ordinamento lo riconosce: nel caso di specie, l’esclusione dal mercato dei concorrenti .

Come è già stato puntualizzato, elementi costitutivi dell'abuso del diritto sono, infatti, proprio la titolarità di un diritto soggettivo in capo ad un soggetto; la possibilità che il concreto esercizio di quel diritto possa essere effettuato secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate; la circostanza che tale esercizio concreto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico od extragiuridico; la circostanza che, a causa di una tale modalità di esercizio, si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrificio cui è soggetta la controparte; di conseguenza l'abuso del diritto, lungi dal presupporre una violazione in senso formale, comporta l'utilizzazione alterata dello schema formale del diritto, finalizzata al conseguimento di obiettivi ulteriori e diversi rispetto a quelli indicati dal legislatore (Cons. Stato, sez. III, 17 maggio 2012, n. 2857).

Nel caso di specie, la condotta posta in essere da Pfizer mediante lo sfruttamento delle facoltà connesse alla titolarità del brevetto principale e alla posizione rivestita nel mercato, hanno consentito il differimento (non importa quanto a lungo) dei farmaci equivalenti allo Xalaton, senza comportare alcuna concreta utilizzazione del medesimo principio attivo, diversa da quella già protetta (la stessa Pfizer ricorda che il brevetto divisionale “copre il prodotto latanoprost già commercializzato e coperto dal brevetto genitore”).

La valutazione dell’Autorità, che ha ravvisato in quella condotta una finalità ulteriore e diversa rispetto a quella propria della tutela brevettuale (che era già attiva), è, quindi, pienamente giustificata.

Del pari scevra da profili di illegittimità è la considerazione che i comportamenti complessivamente posti in essere da Pfizer, sopra ricordati, siano connotati da un palese e insistito intento anticoncorrenziale, volto a procrastinare la commercializzazione dei farmaci generici, con notevoli danni anche al servizio sanitario nazionale.

La complessa strategia posta in essere da Pfizer si sostanzia infatti, come ha rilevato l’Autorità, nell’aver generato una situazione di estrema incertezza nel mercato dei farmaci equivalenti allo Xalatan, della quale la richiesta, a notevole distanza di tempo dalla domanda principale, del brevetto divisionale sul medesimo principio attivo già tutelato e del relativo certificato di protezione che ne ha esteso la tutela sino all’11 luglio 2011 costituisce solo un elemento, idoneo peraltro ad allinearne la tutela in Italia al limite temporale valido negli altri Paesi europei.

La strategia, avvalorata dal mancato sfruttamento commerciale in applicazione del brevetto divisionale, che si riferisce allo stesso prodotto medicinale sul mercato fin dal 1997 e già coperto dal brevetto EP417, comprende anche le diffide indirizzate ai concorrenti, i conseguenti contenziosi, l’intervento presso AIFA per impedire l’inserimento dei genericisti in lista di trasparenza, la successiva richiesta per l’estensione pediatrica, tutte circostanze puntualmente, documentalmente e motivatamente considerate dall’Autorità e valutate meritevoli di sanzione.

D) Né a impedire una tale conclusione sarebbero potuti valere gli impegni formalizzati da Pfizer nel maggio 2011.

Anche nella parte attinente a tale aspetto la sentenza merita la riforma chiesta con l’appello.

A prescindere dall’esaminare la questione dei limiti del sindacato giurisdizionale sulla valutazione da parte dell’Autorità degli impegni presi ai sensi del richiamato art. 14 ter della legge n. 287 del 1990, quelli proposti da Pfizer nell’aprile-maggio 2011 appaiono del tutto inidonei, così come ha ritenuto l’Autorità, a far cessare la condotta imputatale, innanzitutto perché, in ogni caso, il brevetto sarebbe scaduto il 17 luglio 2011, e poi perché la condotta sotto esame aveva già prodotto effetti irreversibili di danno alla concorrenza.

E’, inoltre, del tutto evidente che l’impegno n. 1, volto al deposito presso il competente ufficio di una istanza per “offrire, a titolo gratuito, a qualunque società richiedente, una licenza per l’uso non esclusivo in Italia dell’invenzione protetta dal brevetto divisionale EP168”, oltre ad essere contraddittorio con l’impegno n. 3, relativo all’accettazione delle pretese avanzate nei giudizi dai produttori di farmaci generici, che comprendono la dichiarazione di inefficacia di tale brevetto, lungi dall’eliminare lo sfruttamento di una posizione dominante, ne ribadisce e rafforza l’effetto attraverso la rivendicazione della capacità di concedere l’uso di un’invenzione che si assume protetta, della quale, evidentemente, si postula la privativa. Ed è appena il caso di sottolineare che altra cosa, per i concorrenti, è la produzione in prima persona di farmaci basati su un principio attivo non più oggetto di tutela brevettuale, rispetto allo sfruttamento concesso dal titolare del brevetto (che, oltretutto, nella clausola di salvaguardia contenuta nell’impegno in esame, si “riserva il diritto di agire, chiedendo anche, se necessario, la risoluzione per inadempimento della licenza per i licenziatari che dovessero far uso dell’invenzione in maniera impropria o comunque in modo da arrecare danno al brevetto o all’immagine di Pfizer”, così rafforzando ancora la tutela brevettuale).

Pure l’impegno n. 6, che prevedeva l’inserimento per tre anni nel sito internet di Pfizer di un comunicato volto ad illustrare ai pazienti le specialità medicinali presenti sul mercato a base di latanoprost, anche equivalenti allo Xalaton e di questo più economiche, a parità di effetti terapeutici, oltre all’avvio di una campagna di informazione diretta agli operatori sanitari per la consapevole scelta del prodotto e il suo uso più corretto, è stato condivisibilmente respinto dall’Autorità. Esso, infatti, oltre a risolversi in una attività promozionale a favore dello Xanaton e a presupporre la capacità di Pfizer di dirigere il mercato, non tiene conto della pleonasticità dell’attività divulgativa, data la conoscenza che deve ritenersi propria degli operatori sanitari, necessariamente deputati alla scelta terapeutica.

Nel respingere, per i motivi sopra riassunti, gli impegni proposti da Pfizer, la determinazione in esame è, in conclusione, correttamente e ampiamente motivata.

E) Le considerazioni fin qui esposte possono essere riassunte nel senso che, pur concretando, ed anzi proprio perché, in tesi, concretano, se presi singolarmente, l’esercizio di facoltà astrattamente previste dall’ordinamento, anche di settore, i comportamenti e gli atti posti in essere da Pfizer hanno determinato una complessa e articolata condotta non illegittimamente definita dall’Autorità in termini di abuso del diritto e, in particolare, anticoncorrenziale. Conclusione confermata dalla circostanza, acclarata dall’Autorità e confermata dalle risultanze dell’ordinanza istruttoria n. 2790 del 2013 disposta nel corso di questo giudizio d’appello, che il brevetto divisionale non ha portato all’immissione in commercio di un prodotto diverso da quello già presente sul mercato, circostanza che, come già si è detto, conforta la portata escludente attribuita dall’Autorità, nell’ambito complessivo della valutazione.

VI) L’appello è, pertanto, fondato e va accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso di primo grado.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata respinge il ricorso di primo grado.

Condanna le società appellate, in solido, a rifondere all’Autorità appellante e all’Assogenerici le spese del doppio grado del giudizio, nella misura di 10.000 (diecimila) euro, oltre IVA e CPA per ognuna di esse.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore

Carlo Mosca, Consigliere

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/02/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)